domenica 19 ottobre 2014

Salta un gatto nero



Il Treggismo Militante® comporta pur sempre qualche rischio; ad esempio, quello che la treggia si trovi bella parcheggiata sul lato sinistro del Viale Petrarca (una delle principali treggiaje fiorentine, peraltro) e il Treggista stia invece percorrendo il lato destro, diretto verso Porta Romana bèla. Bisogna quindi attraversare il viale, cosa che a certe ore può costare la vita visto che non ci sono strisce pedonali. Ma se non ci si piglia un po' di rischio per andare a fotografare una Lancia Beta immatricolata giusto quarant'anni fa, il 10 maggio 1974, mi dite cosa si vive a fare...?


L'attraversamento è andato bene; di sicuro, sennò, come dire, non ero qui a raccontarvi quel che è successo mentre io facevo clic, clic con la Fugina. Avendo infatti lasciato la macchina dall'altro lato del viale, munita delle Quattro Frecce del Treggista®  e coi finestrini aperti in questo ottobre dove, finalmente, sembra scoppiata l'estate che quest'anno non c'è praticamente stata, quando sono tornato ci ho trovato dentro un gattino nero che vi era allegramente saltato dentro.


Forse non avete nemmeno l'idea che cosa voglia dire ritrovarmi un gattino nero saltato dentro una data macchina. Sono gli spiriti diabolici dei miei gatti neri che mi vengono a trovare proprio mentre sto fotografando una macchina bianca. Mi vengono a trovare e mi dicono che ci sono sempre, che non se ne andranno mai via; e che le famose sette vite dei gatti si manifestano così. Chiunque ami i gatti lo sa; ma lo scrivo per chi non ci abbia troppa dimestichezza.


Néstor Lunar.

Redelnoir.

Questo gattino nero qua, no, non l'ho potuto tenere. Ci sarebbe anche venuto con me, chissà. Saltato in macchina, magari faceva parte di quella genìa di gatti neri automobilistici, piccolo treggista miagolante che ne avrebbe combinate chissà quante. Ma aveva il suo cortile e il suo mondo, dove l'ho riportato. E magari anche qualcheduno che ci avrebbe sofferto, e parecchio, non vedendolo più. E così, resta quel salto nella macchina mentre fotografavo la Beta bianca. Dedichiamogli allora il vecchio Aristide Bruant, una canzone del 1884 interpretata qui da Jean-Roger Caussimon. Miao.