sabato 8 marzo 2014

Kakawasi



Quando, negli anni '70, si cominciarono a vedere anche a Firenze le motociclette giapponesi, ci si scatenò quasi subito. Icché si dihano du' moto giapponesi pe' mandassi in culo? La yamaha di to' màaee...; oppure: Icché gni dihano a una moto giapponese a i' mare? 'Un fa' l'honda..., e così via. Il fatto è che sì, erano belle e andavano bene; poi erano "esotiche" e c'era la moda (quella che ancora non aveva preso le macchine, perché quelle, anzi, venivano prese in giro per la loro incredibile bruttezza; diciamo che tra Italia e Giappone c'era una lieve discrepanza estetica). Poi, certo, c'erano i nomi; sembravano fatti apposta per ricamarci sopra. E fu così che la Kawasaki diventò, quasi all'istante, Kakawasi, con una semplice metàtesi sillabica. La metafora scatologica è connaturata nell'anima toscana, e fiorentina in particolare; non esiste pòpolo che più ami la merda al mondo (si pensi solo all'Inno del corpo sciolto di Benigni; ve la vedete venir fuori da un lombardo o da un molisano, una cosa del genere?...)


I' resurtaho gliè che, le volte che mi càpita di vedere una di quelle (oramai quarantenni e oltre) moto nipponiche, tornano ad essere Kakawasi e Kakawasi rimangono. A dire il vero, tutto si basa su di una squisita mispronounciation: il nome originale, infatti, andrebbe letto "cauasàchi". Ma tant'è, siamo il paese del Carefré salvaslippe e del dentifrico Colgàte, e anche quello dove un'intera casa produttrice di cosmetici ha dovuto essere trasformata in Testanera perché il nome originale, Schwarzkopf, avrebbe dato luogo a suicidi di massa (nonché alla rovina commerciale dell'azienda in questione). Ed eccovi servita una delle mie "famose" divagazioni; del resto, è uno dei vantaggi riconosciuti dell'Asocial Network. Quello di divagare quanto si vuole fregandosene altamente di eventuali "reazioni" e "commenti"!


Ciò di cui, invece, senz'altro vi importerà parecchio, se siete capitati qua dentro, è la Kakawasi in questione, colta dalle parti di piazza D'Azeglio in un assolato pomeriggio. È una Z400 (in realtà la cilindrata precisa è di 398 cc) immatricolata il 4 gennaio 1977. Le foto, purtroppo, non mettono molto in risalto la caratteristica che più colpisce nelle moto di quegli anni: le loro dimensioni veramente ridotte. Quella che allora era (ed è, perché va sicuramente ancora come le sassate) una potente moto giapponese, è più piccola di un normale scooter attuale (non parliamo degli scuteroni, che quarant'anni fa sarebbero passati per delle cose mostruose). Bassissima, soprattutto; uno come me ci sarebbe stato sopra a ginocchi piegati.