domenica 27 ottobre 2013

San Vincenzo a Torri



Da che cosa stavamo tornando, io e due miei amici (la Cristina e Claudio "Ricciolino"), lo racconterò presto su un altro blog. Uno di quei pomeriggi qualsiasi nelle campagne fiorentine, che per un motivo imponderabile diventano magici; mettiamola così. Ma a noialtri, qui, interessano le tregge; così quel pomeriggio, a San Vincenzo a Torri, sul far della sera di un giorno di questo tardo ottobre che ha voluto fare da contraltare al maggio autunnale del 2013. Maggio autunnale, e abbiamo un ottobre in cui si sta ancora tranquillamente in maglietta a maniche corte. Passando per San Vincenzo a Torri (da cui non passavo da un bel po'), è stato come se mi sentissi qualcosa. Il pomeriggio non era stato sul lato "tregge", ma aveva avuto a che fare con un'altra mia passione (che, in questo caso e come si vedrà meglio poi, definire "bruciante" è del tutto letterale; tranquilli, però, non eravamo andati assolutamente a dar fuoco a qualcosa!); però San Vincenzo a Torri è un posto che mi ricorda qualcosa. E qualcuno, con tutti i contrasti possibili e immaginabili; naturalmente sono fatti miei, che non hanno posto qui; ma mi succede spesso di passare per posti del ricordo, e che mandano una specie di segnale. Anche con una treggia. Allora si scende, rischiando di essere persino travolti sulla trafficatissima provinciale.


A San Vincenzo a Torri, in uno di quei terreni di campagna che non si sa se siano orti, magazzini e chissà cos'altro, stava tranquillamente a disfarsi questa meraviglia. Immobile, ferita, con sopra i brandelli di un telone blé che la avvolgevano in un modo stranamente elegante. Come se la sua bellezza non volesse, né potesse mai morire anche in quelle condizioni miserevoli, di relitto nelle campagne. Con ancora la targa anteriore, che la pone nell'anno 1963. Ha cinquant'anni come me, questa Alfa Romeo Giulietta berlina in un tardo pomeriggio d'ottobre; mi è venuto, dopo averla fotografata, di carezzarla. Di farle coraggio. Di dirle che tutti, uomini o macchine che siamo, dopo aver vissuto cinquant'anni s'avrebbe il diritto di.... ma di chissà cosa, in fondo. Forse soltanto quello di immaginare che anche una macchina ridotta a un rottame possa, in qualche modo, sentirlo. Per questo, da oggi va a finire nel logo del blog.


San Vincenzo a Torri. Una strada e due file di case, con la campagna attorno. La città è vicina, anche se si chiama in un altro modo da quella principale; non importa, non c'è alcuna soluzione di continuità. Un tempo, le Torri c'erano anche nel comune di appartenenza, che ora si chiama diversamente; Casellina e Torri si chiamava. Chissà quante di quelle volte la Giulietta sarà salita, che so, alla Roveta. O si sarà fatta comunque vedere in quelle plaghe sconciate nella piana e tenutesi bellissime sulle colline; proprio per questo io sono un percorritore instancabile della piana, alla ricerca di quel che è rimasto. Lo sguardo gira attorno cercando, cercando sempre. Si trovano infinitezze in cose impensabili e comunissime. Facile cercare e trovare l'infinito di fronte al solito oceano, alla solita montagna o al solito cielo stellato; si provi un po' a cercarle in un terreno sciamannato sul bordo di una strada, o nel rottame di una vettura. 


Così si vedono anche le espressioni che il tempo fa assumere alle cose. In un'epoca di cose, e cose, e cose su cose, verso le cose stesse non si ha il minimo rispetto. Non sono certamente uno propenso all'anima e a ragionarvi sopra; però si guardi questa foto. Sembra che il muso della Giulietta sia meravigliato, stupito. Con quei due fanali che sembrano puntarti, e la calandra una bocca spalancata. Forse, chissà, dipendeva anche dal genio dei progettisti che davano una vera e propria fisionomia alle automobili; cosa che non esiste più, con le vetture di adesso che dicono solo banalità e standardizzazione, che dicono gusto imposto e pensiero unico. Per questo le rifiuto in blocco, anche le più sofisticate tecnologicamente. C'era una bellezza imponderabile nella meccanica che poteva piantarti in asso, e nella quale potevi mettere le mani senza centraline elettroniche, con un par di chiavacce inglesi, uno svitacandele e un cacciavite. Forse, chissà, questa macchina la si potrebbe far ripartire e risentire il rombo Alfa. Il rombo vero di quella vera.

Messa com'era, ho provato a andare a fotografarla un po' anche di dietro. Il dietro stava in mezzo a un delirio di piante. La targa posteriore non c'era più. Questo è il massimo che mi è riuscito, rischiando di finire in un fosso. E ci sarei anche finito senza problemi, se fosse stato necessario. San Vincenzo a Torri, giovedì 24 ottobre 2013; e se quella era Giulietta, mi sono sentito una specie di Romeo con addosso una magliettaccia bisunta e una gran voglia di non mollare mai nulla.