martedì 15 gennaio 2013

La pizzaiuola pistojese





L'altra sera me n'ero andato a mangiare una pizza, e per le pizze non ho che l'imbarazzo della scelta, a portata di piede. Una pizzeria, intanto, ce l'ho immediatamente sopra casa mia (abito in un sottosuolo con tanto di cortile & gatti); un'altra ce l'ho a cento metri da casa. Venerdì scorso ero andato a quest'ultima, un simpatico posto con ben due pizzaiuoli al posto di uno (sono fratelli) e dove bisogna fare gli autocamerieri (nel senso che la tavola bisogna apparecchiarsela da sé); però la pizza è ottima e non costa una mazza, cosa che in questi tempi di crisi ha la sua grande attrattiva. Insomma, tutta roba di quartiere. Storie di periferia.

L'Isolotto, però, è un quartiere treggistico di prim'ordine; anche per questo, mi sarebbe impossibile separarmene (pur non essendoci nato, mi considero ormai un Isolottino "DOC"); e venerdì sera me lo ha confermato nel modo più clamoroso. Ero uscito cinque minuti dalla pizzeria per fumarmi un sigaro, quand'ecco che, come una visione, mi si para davanti la vettura che vedete nelle foto. Ancora una Centoventotto, sì. Lo si potrebbe già chiamare l' Annus Centumvigintioctanus, questo 2013; quando dico che "non passa giorno", ora potete constatare che non così tanto per dire.




Eh sì. Ancora una 128 di prima generazione, ma stavolta con la sua targa originale (del 1972 e non del '71 come avevo ipotizzato in un primo momento); subito ribattezzata, in onore alle circostanze della sua trovaglia, la Pizzaiuola Pistojese. Mai vista prima nel quartiere, e parcheggiata bel bella dall'altro lato della strada, davanti all'ingresso del campo sportivo i berci provenienti dal quale mi svegliano regolarmente alle sette e mezzo la domenica mattina. Data l'ora e la strada completamente deserta, si sarebbe potuto ipotizzare che anche il pistojese titolare dell'avita vettura fosse in pizzeria; ma ci eravamo soltanto io e la Piasintëina (che, oramai, non si stupisce più dei miei bofonchi trogloditici quando vedo una treggia). Chissà che ci faceva lì, a quell'ora; ma l'importante è che qualcosa ci stessi a fare io!


Più anni '70 di questa 128, sinceramente, non si può. Non soltanto il tipico colorino da Centoventotto di famiglia, il famoso verde acqua del tutto simile a quello di parecchi prodotti per la pulizia del bagno (che, chissà perché, non sono mai marroni...) per cui è detto a volte "verde WC-Net". E, poi, le cacate del più classico dei piccioni diarroici (in un primo momento le avevo prese per sbollature di ruggine; qualche sbollatura, però, c'è comunque). Poteva per caso mancare il portabagagli sul tetto? Quando mio padre comprò la 128 Special, nel '74 (targa: FI 750688), la prima cosa che fece fu di piazzarci sopra il portabagagli dell'850 Special (targa: FI 449929), che era stata passata a mio fratello allora neopatentato. Non so perché, ma anche il particolare dei fazzoletti di carta sembra dirmi qualcosa. Il legame indissolubile tra la treggia e il pacchetto di fazzolettini è antico; in macchina servono a ogni cosa (da pulirsi il naso a pulire i vetri quando si appannano, dato che se aspetti lo sbrinatore fai in tempo a andare a sbattere contro il padre di tutti i platani). Insomma, qualcosa calata dalle viscere del tempo, e che si è materializzata di fronte al "Pizza Mania" (si chiama così, e gli faccio anche un po' di pubblicità: si trova in via Pio Fedi, traversa tra via dell'Argingrosso e il viale Canova. E il fatto che la via accanto a dove abita il qui presente, noto ateo mangiadèi, si chiami "Pio Fedi" è abbastanza singolare, quasi una nemesi).