lunedì 30 luglio 2012

L'angolo della Treggia campestre


Ed, ecco, per la gioja di Fabrizio il Genovese e di tutti gli altri appassionati del genere, una silloge di tregge campestri trovate negli ultimi tempi. Come tutti sanno, ancora non è ben appurato dal punto di vista scientifico se le tregge campestri spuntino direttamente dal suolo o se vi vengano trasportate dal vento; comunque sia, il TB non è certo luogo ove si possano dirimere questioni di tale levatura teorica, e ci limiteremo quindi ad esporre i fatti gnùdi. 



Le periferiche plaghe di confine (tra Firenze e Scandicci, mica vi crederete che siamo, qui, tra il Klondyke e l'Ontario o roba del genere...) che circondano casa mia, in effetti, sono piuttosto ricche di campi di tregge; basta aver la pazienza di andare a scovarli. Questo qui, a dire il vero, sembra una vera e propria coltura intensiva; disgraziatamente, l'accesso è precluso da un'alta rete di recinzione e, quindi, mi son dovuto contentare di fare qualche foto dall'esterno. Spero bene che le tregge che vi sono presenti non siano OGM; il Treggia's Blog è, notoriamente, per la Treggia Bio.

Nelle foto sopra potete vedere un furgone Fiat 900T cassonato che, come ogni buona treggia campestre che si rispetti, funge attualmente da ricettacolo d'ogni sorta di troiaio; la sua pressoché totale inaccessibilità mi ha costretto a qualche acrobazia:


Da questa enigmatica foto, si riesce quindi a sapere che il furgone apparteneva a tale sig. Giuseppe Lombardi, montatore di chissà cosa su pareti, e che la targa è FI D08... e qualcosa (la quale situa l'automezzo nell'anno del Signore 1982). 



A poca distanza, ecco invece un altro cassonato del medesimo colore, che non pone nessun problema riguardo alla targa posteriore ma che risulta invece inaccessibile sul davanti. Incredibilmente, stavolta, il cassone è interamente sgombro da ciarpame vario; si tratta di un Fiat 1100T del 1978.


Per questa R4, invece, niente di niente: né targa, né davanti e né di dietro. Fedele al principio che una R4 si fotografa sempre, ho spinto al massimo lo zoom ed eccola qui nella sua candida ignotezza, di fra la recinzione. Come si può vedere, si scorgono altre tregge campestri, e a profusione; un giorno, magari, cercherò di penetrarvi con qualche accorgimento...

Vietato ai triscaidecafobici




Il termine di triscaidecafobia, vale a dire la "paura del numero 13", fu reso vagamente popolare, in Italia, da un vecchio racconto di Paperino; però il termine è seriamente scientifico, con tanto di derivazione dal greco (τρεῖς καὶ δέκα "13", laddove la lingua moderna dice più semplicemente δεκατρείς). Comunque sia, i fissati col numero 13 (e col 17, ma in questo caso si parla più propriamente di eptacaidecafobia) esistono per davvero; ed è bene, quindi, che si tengano rigorosamente alla larga da questo post, che presenta (a cura di Mark B.) ben due avitissime Fiat 600 con targa "FI 13".  La prima, addirittura, la targa ce l'ha parecchio seria e con un paio di 13 (FI 131013): di che far scappare a gambe levate un povero triscaidecafobico. La seconda, quella della 600 blé esattamente come la prima di mio padre (che pure era targata FI 13 e qualcosa), è invece più "normale". Entrambe, comunque, risalgono al 1960; a loro il 13 non deve aver portato affatto sfortuna, se da cinquantadu' anni girano ancora tranquille (la prima, sembra, dalle parti dell'Antella).

Ah, dimenticavo: questo qui risulta essere, nella categoria "Fiat 600/750", il post n° 13. Sarà un caso...?

Il ritorno delle Tregge Elbane (4)



Questa prima mandata del "ritorno delle tregge Elbane" (presto tornerò, se Iddìo vuole, sull'Isola; quindi si spera in tante nuove e belle trovaglie...) si conclude in un modo, direi, logico: con delle Vespe. Le Vespe sono il mezzo di trasporto principe all'Elba, sia per gli isolani che per i turisti; e, nella stagione estiva, non è raro vedere chi tira fuori l'avito scooter dal garage e gli fa sciroppare di nuovo chilometri e traghettate. Da Firenze sono circa 200 km, quelli che si sarà dovuti fare questa "Primavera" fiorentina grigio-argentata del 1972. Siamo ancora nella piazza del Tembien a Marina di Campo, e sullo sfondo si vede questa:



L'omologa milanarda bianca (le "Trespe" vanno spesso in coppia...) è invece un po' più recente, vale a dire del 1979; e anche in questo caso la tradizione lombardo-elbana si rinnova.


Quel che invece non ci si aspetterebbe, è di vedere questa "pisese" del 1986 (ma ancora dotata di targa con le cifre azzurre: evidentemente non avevano ancora terminato la scorta) sotto una volta nel paese di San Piero in Campo, il cui centro storico è rigorosamente vietato alle automobili (anche perché è fatto interamente di vicoli e scalinate...). Ma si sa che le Vespe vanno dappertutto...

Si conclude qui, dunque, questo primo giro. Che cosa riserverà l'Elba in agosto? Si vedrà, sperando comunque che non riservi mai più brutte sorprese in autunno...

domenica 29 luglio 2012

Il ritorno delle Tregge Elbane (3)


Certo, a vedere Marina di Campo nel solleone di luglio (e vi assicuro che picchiava sodo...), si fatica parecchio a immaginare che, per esempio, proprio dove ho beccato questo stupendo Maggiolino verde militare (un colore molto raro, e probabilmente non originale) c'erano, pochi mesi prima, due metri di acquaccia mista a fango e sabbia. La zona del Pozzo al Moro e degli Alzi è stata del resto una delle più colpite; magari, anche un bel maggiolino nel sole d'estate potrà dare il suo -seppur misero- contributo. Chissà.




Questo Maggiolino rientra anche in una delle più sentite (e antiche) tradizioni treggistiche dell'Isola: le tregge milanesi. L'Elba, credo, ha visto tregge milanesi fin dai primordi; se, specialmente in estate, qualcuno desidera vedere una silloge di vecchie lombarde a quattro e due ruote (no, non sto parlando della tu' nonna in carriola, non temere...), ne trova sicuramente di più oltre il canale di Piombino che a Cinisello Balsamo. Questa qui è una milanese ritargata negli anni '80, ma fa lo stesso...


Quanto a ritargatura, poi, questa qui la batte di sicuro. Qui siamo nella piazzetta antistante al molo, nel paese vecchio, che ora si chiama piazza Giovanni da Verrazzano ma che i campesi continuano imperterriti a chiamare col vecchio e fascistissimo nome di piazza del Tembien (credo che il Tembien sia qualche posto in Abissinia). Un tempo c'erano i "Sugherelli", vale a dire la Guardia di Finanza; ora, invece, c'è un orologiaio che sembra aver conquistato il mondo a partire da Marina di Campo, ivi compresa la diva Sharon Stone. Siccome a noi, però, di orologi e dive ce ne frega il giusto (cioè nulla), e ce ne frega invece parecchio di tregge, eccovi quest'altro Maggiolino ritargato -ohimé- con un'attuale schifezza "alfanumerica" della serie ZA (questo significa che, dietro, ha una targa rettangolare; ma, essendo la vettura totalmente addossata al muro, da dietro non l'ho potuta fotografare). Poco male; targa a parte, un bellissimo esemplare degli "arancioni", forse il colore che più mi piace per un Maggiolino...e vederlo poi all'Elba in una giornata di sole favoloso, fa il suo porcaccio d'effetto!

Il ritorno delle Tregge Elbane (2)




Ed eccoci, finalmente, di nuovo a Marina di Campo, la piccola Genova di novembre. E' stato un ritorno abbastanza strano, devo dire; in un posto che ha dovuto provare a cancellare alla svelta una sventura, ma che ne reca ancora, forzatamente, i segni. E sono proprio i segni meno appariscenti che danno la misura di quel che è successo; i negozi sbarrati con le assi, quelli rifatti di sana pianta che ti spaesano, i mucchi di sabbia ancora accatastati in qualche campo o orto, la baracchina di legno del Club del Mare, all'inizio della spiaggia, letteralmente divelta, disassata, morta. Pensieri a tempi lontani; e si tira avanti. Anche il muretto del Capriccio è stato rifatto in fretta e furia; estati intere. Mi dicevo sempre che quello era il posto dove ci saranno state ancora le molecole del mio culo di quindicenne sgraziato; ora non ci sono sicuramente più.

Appena entrato in paese, nella zona dello Stagno (che si allaga normalmente ogni anno al primo temporale di fine agosto, figuriamoci con un'alluvione in piena regola...), ecco che m'imbatto in questa doppia rarità. Prima di tutto, oramai, trovare all'Elba una treggia targata Livorno (vale a dire la provincia di appartenenza, almeno fin quando esisterà) è assolutamente non comune; del resto, le autovetture degli isolani sono sempre state in netta minoranza rispetto a quelle dei turisti, villeggianti, bagnanti eccetera. Indi di poi, questa targa livornese del 1975 è una delle ultime quadrate della provincia (se non erro, le targhe aranciobianconere iniziarono a Livorno con la serie LI 215000). Insomma, un pezzo di Marina di Campo degli anni '70 che mi si è parato davanti; e capirete tutti che cosa voglia dire per me.



Da non sottovalutare, poi, l'automezzo in sé. Il più tipico pulmino delle monache, anche se magari serviva in origine al Partito Comunista Rivoluzionario Elbano; nulla da fare, quando si vede un Fiat 850T (di seconda serie) pulminato, il pensiero corre automaticamente a Suor Beppa Maria alla guida e alle consorelle dell'ordine delle Inchiavardate di Nostro Signore che siedono dietro. Da dire che il pulmino delle monache era tipicamente bianco o grigio; però anche il verde di questo modello, ripreso direttamente dalle matite Giotto, era ben rappresentato. 


Ad ogni modo, un qualcosa di decisamente mistico è ancora presente sul pulmino; il sedile anteriore, infatti, è interamente tappezzato a mo' di "bandiera della pace" coi colori dell'iride. Non si può sapere, ovviamente, se si tratti della pace del Regno de' Cieli o di quella in Terra, ma pace pur sempre è. Se poi il pulmino sia servito a creare anche un bel po' di pace dei sensi (cosa che mi auguro), meglio ancora!

sabato 28 luglio 2012

Il ritorno delle Tregge Elbane (1)


Qualcuno, forse, vedendo che non postavo più da qualche giorno, si sarà detto: Evvài, ci risiamo con la crisi...; e invece no, stavolta. Nessuna crisi; semplicemente, dopo oltre un anno, sono riuscito a tornare per qualche giorno all'Isola d'Elba. E non è finita qui, perché tra una decina di giorni ci ritorno; intanto, un breve anticipo. Dopo quel che ho avuto io lo scorso anno, e dopo quel che ha avuto l'Elba nello scorso mese di novembre, non è poco. Tornano l'Isola e le sue tregge, finalmente!

Vorrei dire prima di tutto una cosa, che mi aveva causato parecchio timore. Come molti sapranno, durante la terribile alluvione del 7 novembre 2011 la peggio è toccata proprio al mio paese quasi-natale, o paese materno che dir si voglia: Marina di Campo. Si è avuta una vittima, una persona che peraltro conoscevo bene e che vorrei ricordare con affetto: ciao Maria, ovunque tu sia o non sia ora. A distanza di parecchi mesi, e in piena stagione estiva, il paese sembra aver sanato molte delle sue ferite, ma non tutte; e sentendo in giro di quante automobili sono andate perse nel disastro, temevo soprattutto per questa. Invece l'ho rivista bel bella nella solita zona del molo, nel paese vecchio, e la cosa mi ha provocato dimolto sollievo. Devo dirlo. Ci sono particolarmente affezionato, alla "Bianchina di Fantozzi" targata Piacenza che passa le sue eterne vacanze a Campo; e per più di un motivo, come intuirà facilmente chi segue il TB. Insomma, con la Bianchina Piacentina non ce l'ha fatta nemmeno l'alluvione!

Appena sbarcato a Portoferraio, martedì scorso, l'Elba mi ha riaccolto immediatamente a modo suo. Ha la pellaccia dura anche per quanto riguarda le Tregge, lo Scoglio; e mi ha proposto, giusto all'inizio della strada per Marina di Campo, questo pezzo da 90 che, purtroppo, sono stato costretto a prendere al volo. Peccato, perché questo Typ 2 - T1  era uno di quelli di primissima generazione, col lunotto anteriore diviso; roba degli anni '50, insomma, o al massimo dei primi anni '60.

La data non la si può dire con certezza perché, come si può vedere dall'unica foto "di culo" (in tutti i sensi...) che sono riuscito a prendere, ha una bella targa di Sua Maestà Britannica (tra i particolari non visibili c'è, ovviamente, la guida a destra). Una targa di quelle vecchie, nere con le lettere e le cifre argentate, sicuramente originale; non essendo esperto dei sistemi di immatricolazione britannici proprio non saprei dire nemmeno con approssimazione se si possa risalire (più o meno) alla data.

Curioso abbastanza che l'Isola mi abbia dato il "bentornato treggistico" in questo modo davvero singolare; usualmente, l'Elba è una miniera -ad esempio- per le vecchie auto milanesi o tedesche. Ma noi, ovviamente, si piglia tutto; ivi comprese le tregge della Perfida Albione. Del resto, da quei postacci è ovvio che vengano a cercarsi un po' di sole (anche se martedì era nuvoloso). Come diceva non mi ricordo chi: "A Londra è arrivata la primavera. Ero in bagno e me la sono persa".

domenica 22 luglio 2012

Regole per un protocamper



Ci spiace per Matteo Renzi (anche no...), ma un camper non lo si rottama mai; quando, poi, non lo si è rottamato per una quarantina d'anni, diventa un protocamper e si avvia verso una tranquilla eternità. Spiace che non sia mai stato, finora, istituito un registro dei "camper d'epoca", perché questi qui arriveranno a vedere il 22° secolo e ospiteranno generazioni di trombatine adolescenziali ("babbo, mi dai la chiave del camper ché ho dimenticato dentro il Tractatus Logico-Philosophicus di Wittgenstein...?"), famigliuole con pannolini al seguito, campeggiacci e via discorrendo.

Per essere protocamper, però, non è sufficiente risalire all'epoca dello scandalo Lockheed. E' necessario anche obbedire ad alcune regole, che vado ad elencare:

1) Dev'essere esclusivamente di certi modelli e, fra questi, il posto d'onore spetta al Ford Transit (detto anche Ford transit gloria mundi). E questo è addirittura un Prototransit del 1973, mica seghe. Caratteristica quasi unica è che il marchio "FORD" sul davanti è rimasto integro; usualmente, ai Transit di quell'età sono saltate una o più lettere, e si leggono tutte le possibili combinazioni (FOD, ORD, FRD, FD, RD ...). Nei casi più duri e puri il marchio è saltato completamente, e non si legge più nulla.



2) Dev'essere rigorosamente privo del supporto per le biciclette, vero flagello dei camper a partire dalla metà degli anni '80. Il vero protocamperista rifugge dalla bicicletta: o si muove a bordo del suo mezzo, disposto a incastrarsi nel vicolo del paesino siciliano o nella stradina di campagna del Sussex, oppure va a fettoni. Il vero protocamperista stiàccia i ciclisti (specialmente i ragionieri di Lodi bardati da Tour de France, anzi, da Tour de Pance), non viene stiacciàto. Come si può vedere, questo protocamper non presenta alcun supporto, rastrelliera o altro marchingegno del genere. Se proprio si vuole, dentro ci si può infilare un Ciaìno coevo, o un Garelli del '64.

3) Il protocamper deve presentare almeno una scritta di appartenenza a qualche fantomatico "gruppo" (particolarmente noto, o famigerato, il "Coordinamento Camperisti", la cui denominazione somigliava più a un'unità logistica dell'Esercito Italiano che a un gruppo di autoturisti). Eccone un esempio perfetto su questo protocamper:


4) Infine, il protocamper deve recare l'effigie adesiva di almeno una tra le seguenti bestie: delfino, orso bruno, canguro, cane levriero. Come si può vedere, questo protocamper ha scelto il simbolo dell'Australia:


(Per inciso, pare che alcuni gruppi di camperisti comminassero l'espulsione immediata e summa cum ignominia a chi osasse apporre sul proprio camper, che so io, l'immagine di altre bestie come il micio di casa, il barboncino Bobi o la zia Ermengarda).

Questo protocamper (che presenta, oltretutto, una targa decisamente non male) potrà quindi servire da esempio paradigmatico, obbedendo com'esso obbedisce a tutte le regole sopra esposte.

Una passione comune


È una sonnacchiosa domenica mattina. Vo a comprare il pane, a un fornaio a cinquecento metri da casa; al ritorno (si immagini tutta la scena a una velocità di trenta all'ora), all'improvviso, mi sbuca davanti da una strada laterale questa cosa qui, che vedete nella foto sopra e in quella sotto.


I tempi di reazione del Treggista Militante® debbono per forza essere molto rapidi, avendo a che fare con mezzi in movimento; e la tranquilla domenica si trasforma in un inseguimento degno di un film americano. Sì, perché la Fiat 2300 Familiare che mi è passata davanti, va come le sassate; e non potrebbe essere altrimenti. Non mi scoraggio, nonostante la 2300 abbia preso un discreto vantaggio; ed ecco calare la disgrazia. Il semaforo rosso, tante volte amico del Treggista, stavolta gli gioca un brutto scherzo scattandogli proprio sul muso. Persa? Facciamo un ultimo tentativo. Scatta finalmente il verde; la vedo ancora, lontanissima, sul Lungarno dei Pioppi. Se gira in via dell'Argingrosso, la mia strada, è finita; ma tira diritta, per via dell'Isolotto. Prorompo in un grido di giubilo, perché via dell'Isolotto è senza uscita !


E, infatti, la raggiungo mentre si è fermata. Brandendo la Kodak, spiego ai due signori a bordo della vettura come mai mi sono lanciato al loro inseguimento, e questi acconsentono più che volentieri alle fotografie di rito. Mi accingo finalmente a cogliere il frutto di tanta fatica, quand'ecco che...la Kodak si è scaricata. Non si accende nemmeno. Mi ero scordato di rimetterla in carica. In uno stesso impeto, mi cascano braccia, palle e tutto il cascabile. Uno dei più classici infortuni del Treggista.


Mi direte a questo punto: e queste foto, allora?

Queste foto me le hanno spedite i proprietari della vettura, che l'hanno fotografata appositamente per me; perché il Treggista Militante® può avere anche la macchina fotografica scarica, ma ha sempre a disposizione un block notes e una penna per scrivere il proprio indirizzo di posta elettronica.

Qualche giorno dopo, infatti, mi arriva quanto segue:

" Invio come promesso alcune foto della mia Fiat 2300 familiare, uscita dalla fabbrica nel 1965. Nel prossimo invio altre, anche con il portapacchi montato. Saluti e auguri per la nostra passione comune. Giuseppe."

Ecco, sì: una passione comune. E una gentilezza non comune, per la quale vorrei ringraziare Giuseppe pubblicamente, dalle righe del TB. Davanti a tutto questo, e a questa splendida autovettura conservata alla perfezione (peraltro nelle livree tipiche delle autovetture della RAI, che utilizzava le 2300 Familiari per i suoi servizi e reportages), passa in secondo piano la targa non originale: si tratta infatti di una reimmatricolazione del 1991, e di una targa nera ricostituita (con il "TO 92" iniziale, però, che riporta a solo un paio d'anni dopo l'immatricolazione originale, sempre che sia stata torinese; in pratica, la targa nera rifatta riesce qui comunque a creare un "effetto d'epoca", per chiamarlo così).

sabato 21 luglio 2012

Luoghi comuni (forse)


Ed eccoci, finalmente, arrivati al fatidico momento del ritorno delle Tregge Genovesi, quelle di Fabrizio. Fabrizio, lo devo dire, per me non è più neanche un mito; ha oramai superato abbondantemente anche questo status. E non sono parole di circostanza (dalle quali, spero lo si sia capito, sono del tutto alieno -anche se non Illenista-); con le sue fotografie, Fabrizio sta catturando sistematicamente l'anima di Genova attraverso i suoi vecchi automezzi (lucidi, efficienti, arrugginiti, abbandonati, a pezzi, in ogni condizione possibile e immaginabile). Le sue foto dovrebbero stare, prima o poi, in una mostra appositamente organizzata dal Comune di Genova; per ora, invece, stanno sul Treggia's Blog, a ritmo distillato perché questo blog si chiama "Vecchie auto a Firenze" e, altrimenti, rischierebbe di cambiare nome in "Vecchie auto a Genova"; anche per questo, accarezzo da sempre l'idea di farne uno apposito. Nell'attesa, continuo pian pianino; ma con un po' di magone, perché le foto genovesi di Fabrizio sono una delizia per gli occhi e per la mente. Lo dovevo dire, anche per il legame che ho con la città di Genova e con le sue atmosfere uniche al mondo. 

Detto questo, come ad ogni "ritorno", mi si è presentata la vexata quaestio: con che cosa ricominciare? Più che imbarazzo della scelta, ci sarebbe quasi da spararsi. Alla fine, dopo ponderata riflessione, ho scelto questa immagine che ci presenta un autobus di linea che sta passando in via Gramsci, sotto la Sopraelevata. Non credo che una cosa del genere si potrebbe vedere altrove: un autobus arancione del 1972, ancora in perfetta efficienza, che passa in una delle zone più incasinate della già incasinatissima Genova (a tale proposito, specifico che io adoro le città mediterranee incasinate e detesto le linde e silenzione cittadine svizzere o del Nordeuropa, e le loro biciclette del cazzo; W Genova, W Napoli e abbasso Copenaghen!). 

Il post ha un certo titolo, e non si può fare a meno di pensare che quella famosa caratteristica dei genovesi, vale a dire la loro secolare parsimonia, non sia alla base di questa foto. Insomma, finché un autobus va bene, perché cambiarlo? Ci avrà dodici milioni di chilometri, e vabbè; gli autobus nuovi costano. E, per quanto mi riguarda, pagherei perché a Firenze ci fossero ancora i vecchi bus verdi dell'ATAF, che non si fermavano mai, e sui quali si stava comodamente in piedi senza rischiare di cadere come sui modernissimi e orrendi autobus "supermolleggiati" (ma che ci mettono al posto delle sospensioni, materassi a molle...?). Insomma, luoghi comuni, d'accordo; ma, tra le altre cose, preferirei di gran lunga autobus del '72 di aziende pubbliche, strapubbliche e rigorosamente pubbliche, magari con tanto di fasce orarie, e linee capillari e frequenti come quelle che mi ricordo in quegli anni dove mi divertivo a girare per Firenze "collezionando" tutte le linee, anche quelle più astruse e lontane (giri che erano come un embrione di Treggia's Tour: 'sto blog viene da molto lontano, l'ho sempre detto). Ora, invece, ecco gli autobus moderni & molleggiati (e scomodissimi), le privatizzazioni selvagge, i biglietti che costano quando due caffè corretti, le privatizzazioni selvagge e le linee soppresse e tagliate. Aridàtece li bbùsse degli anni '70!

Poi, certo, Fabrizio mi specifica che c'è un po' un inghippo. Si tratterebbe infatti di un non meglio precisato "Giocabus", che ignoro cosa sia esattamente; forse un vecchio bus per farci qualcosa coi bambini. Effettivamente, a me da bambino sarebbe piaciuto non poco giocare con un autobus; che so io, tirare un calcio in culo all'autista e mettermi a guidarlo io. Vrùùùùm! E non dubito che mi sarei messo su una linea regolare, con tutte le fermate, apri e chiudi le porte. Mi auguro che il Comune di Genova lo faccia per davvero: su, figgèu, imparate fin da piccoli a mandare gli autobus, ché magari li mandate pure meglio di certi autisti attuali... 


Uno Sprint un po' lento




Tra "pause" e quantità attualmente enorme di fototregge in giacenza, il ritmo del TB è necessariamente lento; e la cosa, in fondo, non mi dispiace. I ritmi frenetici li lasserei altrui, come poeta il Cecco senese. Così, ad esempio, queste foto risalgono addirittura allo scorso inverno, come magari s'intuisce dalla luce decisamente crepuscolare. Ci mostrano un tardo esemplare di Alfasud Sprint, cui all'epoca avevano mutato denominazione in GTV (abbreviazione di Gran Turismo Veloce, una sigla storica per l'Alfa Romeo); propriamente, questa è una GTV 2.0, del 1983). Insomma, "Sprint", "Gran Turismo Veloce", e io, perfidamente, aspetto mesi e mesi prima di metterla nel blog; ma, filosoficamente, penso che sarà ben difficile che una qualsiasi macchina sia (stata) chiamata "Tartaruga", "Piccolo Turismo Allumacato (PTA)" o "Vappiufforteunciaìnoinsalita". Quindi rispetto i miei ritmi, le tregge che sto fotografando ora col solleone magari le vedrete con la neve, e intanto Mark B., Fabrizio e gli altri continuano a spedirmi quintalate di roba per le quali, oramai, mi ci vorrebbe il segretario. Poi, un giorno, magari arriverà Zuckerberg, farà il Treggiabook (non cambierebbe nemmeno la sigla...) e io vo in pensione. E me la dormo.


Le tregge NO TAV della Valsusa (5): TCV (Treggia Calabrese in Valsusa)




Con le tregge Valsusine ci eravamo visti l'ultima volta il 2 aprile scorso; è tempo di riprendere il discorso interrotto sull'oramai famosa officina meccanica tra Bussoleno e Susa, forse la più stupefacente treggiaja "extraterritoriale" (non toscana e fiorentina, cioè) che ho visto coi miei occhi.

Piccola parentesi: sembra che ultimamente questo blog sia comparso sul Forum italiano delle Fiat 127 grazie all'esemplare genovese che ha bisogno di una passatina di Ferox; naturalmente, se mi leggono, a tutti i membri del Forum va il mio più caloroso saluto (anche perché ho avuto una 127, targata FI 901008, e quindi sono un "centoventisettaro" a tutti gli effetti). Anche per questo motivo, spero che la qui presente treggia valsusina susciti nel Forum un qualche interesse.

Certo che, in questo caso, dire "valsusina" potrebbe suscitare qualche colpettino di tosse; è targata, come si vede, Reggio Calabria (è del 1979) e posto più agli antipodi della Val di Susa non se ne potrebbe francamente immaginare. Ma le macchine son fatte per macinare chilometri, e così sia; peraltro, la vettura sembra (almeno apparentemente) in perfetta efficienza, pur stazionando in un luogo (come vedremo meglio in seguito) dove stanno accarcassate parecchie e venerabili auto del tempo che fu.

Ciò che rende particolarmente interessante questa 127, è che si tratta di un esemplare a quattro porte (o meglio, a cinque dato che nel computo rientra usualmente anche il portellone posteriore). I modelli 127 a 4 e 5 porte, almeno a quanto mi ricordo, erano in realtà di produzione SEAT, che a quel tempo era un "satellite" della Fiat; in Italia non se ne sono visti mai tanti, e proprio per questo trovarne uno in giro è un "colpo" non indifferente. Solo per farne un esempio, a Firenze ne ho visti soltanto un paio...

venerdì 20 luglio 2012

SOS treggia ignota!




Mi scrive quanto segue Alessandro F. da Cagliari (al quale, ovviamente, do il benvenuto sul TB):

" Salve Riccardo, leggo casualmente il tuo blog, nella ricerca di info su un'auto a me sconosciuta. Io sono un'appassionato di auto storiche ante 1992, ma solo Alfa Romeo per il momento. Giravo per la ricerca di auto da salvare con un amico, incuriositi da quest'auto che ti mando in allegato che, onestamente, non sappiamo identificare. Ti ringrazio in anticipo dell'attenzione che mi accorderai e delle tue info. "

E qui comincia il mistero; perché, sinceramente, proprio non ho la benché minima idea di che cosa possa essere questo automezzo alquanto curioso (che dovrebbe trovarsi, naturalmente, a Cagliari o dintorni).

Ho risposto brevemente a Alessandro:

Prima di tutto ti ringrazio per avermi scritto, e spero che tornerai a farlo anche in futuro. Andando "in medias res", devo dirti di aver guardato con interesse le foto della vettura che mi hai mandato. Posso solo dirti che mi sembra una delle tante "spiaggine" prodotte in Italia fra gli anni '70 e '80 da un discreto numero di carrozzerie artigianali anche locali, su meccanica di modelli di serie (particolarmente "gettonata" allo scopo in Italia era la Fiat 127, e ad occhio e croce il "tuo" mezzo mi sembra proprio un suo derivato.) E' quindi possibile (e lo ritengo probabile) che il mezzo in questione sia proprio una spiaggina locale, prodotta cioè da qualche carrozzeria cagliaritana o comunque sarda. Naturalmente ti chiedo il permesso di pubblicare le foto sul mio blog, lanciando così una ricerca più vasta.

Mi specifica ulteriormente Alessandro che, purtroppo, il mezzo è destinato ad essere presto "cubato", e questo è veramente un delitto nonostante sia privo del motore. La vettura non ha alcun contrassegno identificativo.

In pratica:  

Qualcuno ha un'idea di che cosa sia? 

Se sì, non esitate a scrivermi a k.riccardo@gmail.com

(E se per caso qualcuno volesse anche salvare questa treggia, diverrebbe seduta stante un benemerito, S. Pancrazio intercederebbe per lui presso l'Altissimo e il suo nome sarebbe scritto a imperitura memoria nel Gran Libro de' Treggisti). 

Giganti


Gigante...pensaci tu!, diceva la famosa e vecchia pubblicità dove il povero Gio' Condor ci rimetteva sempre le penne; ed infatti, anche stavolta il Gigante ci ha pensato. Ma non  quello della vecchia réclame televisiva, bensì un moderno ipermercato nei dintorni di Piacenza che si chiama per l'appunto così. Nel suo parcheggio sotterraneo c'era questa Fiat 130 coupé targata Cuneo, del 1972. E ci deve aver pensato un Gigante sul serio, perché ditemi voi se, quando andate al vostro supermercato, vi siete mai ritrovati nel parcheggio una vettura del genere.


Tutto sprizza grandezza, qui. Anche la provincia della vettura, perché, come tutti sanno, il Cuneese è detto Provincia Granda. Per una vettura di produzione italiana, le dimensioni della 130 (sia berlina che coupé) erano enormi; spiace che le foto non mettano le mettano in risalto a paragone delle vetture moderne parcheggiate accanto. Un autentico aeroplano, ma il signore che ne curava la fusoliera, pardon, la carrozzeria, e che è giustappunto volato via qualche giorno fa, non era uno qualsiasi:


Insomma, per riassumere: una vettura gigantesca trovata nel supermercato "Il Gigante" e carrozzata da un gigante del design industriale di tutti i tempi. Ci manca solo che nell'autoradio di bordo ci sia una stereocassetta dei Giganti che cantano Mettete dei fiori nei vostri cannoni...



mercoledì 18 luglio 2012

ββ






"ββ" vuol dire "doppia Beta", perché questa è giustappunto una delle più classiche ripetizioni da Treggia's Blog. C'era già, presa al volo dopo essere sfuggita non so quante volte. Forse anche per questa sua vecchia caratteristica, una volta che me la sono vista ferma non ci ho pensato due volte: riclick, riclick e riclick.