lunedì 1 novembre 2010

Somethingstan


La foto che vedete sopra vi avrà fatto quantomeno sospettare che dietro questo post, che si annuncia assai particolare e composito, ci sia lo zampino di Iononstoconoriana. Sarà, peraltro, un post anche nello stile "Ionis 56", che con il suo Viaggio a Ischia ha inaugurato sul TB il Pantreggismo. Tutto è treggia: e INSCO, ben conscio della cosa, ha pensato bene di mandarmi una serie di foto scattate durante qualcuno dei suoi viaggi, che ben esemplificano il tutto.

Se Ionis 56 il Gigliese va a Ischia, INSCO, come tutti sanno, è uno specialista della Transcaucasia e dell'Asia Centrale. L'Asia Centrale sta a INSCO come il cacio sta ai maccheroni, le minorenni a Berlusconi e le tregge al qui presente: qualcosa di mutualmente imprescindibile. Solo che, devo confessarlo, io mi perdo in tutta la complicatissima pletora di -stan in cui si reca il mio amico; e così, dopo aver provato definizioni come Assurdistan, Ignotistan o Remotistan, ho deciso di utilizzare qui un nome collettivo assai comodo: Somethingstan. In inglese, perché l'inglese è la world language; ma, volendo, potrete chiamare benissimo tutta questa congerie di paesi affascinanti quanto polverosi "Qualcosistan".

E, in effetti, come non cominciare questo post pantreggistico con una stupenda treggia animale, che rappresenta da sempre un comune mezzo di trasporto in tutto il Somethingstan? Il suo nome scientifico, del resto, è Camelus Bactrianus, che riporta alla Battriana (un'antica regione di quelle parti). Siamo qui, sembra, nella città di Kašgar, o قەشقەر‎, o Qeshqer, o K̡ǝxk̡ǝr, o 喀什, o Kāshí, o کاشغر , o कशगार. Ecco, questo già vi dovrà rendere un po' l'idea. Voi che abitate a Montajone o a Collesalvetti non ci avete il nome del vostro paese in uiguro, in cinese, in persiano, in urdu e in hindi. A Kašgar, sì. Politicamente si trova nella Repubblica Popolare Cinese, però è Cina come Aulla è Toscana. Non ci azzecca per niente, insomma. Mi dice peraltro INSCO che il cammello, paciosissimo e in piena efficienza, oltre ad essere l'unico in "servizio pubblico" a Kašgar è pure agghindato alla medesima maniera in cui gli uiguri agghindano le proprie automobili. Come non riservargli il posto d'onore, ed anche qualche coccola mentale? E anche, perché no, un posto fisso nel TB come mascotte? Vedrete presto!


Il Somethingstan, come dicevo, è polveroso. Per percorrerlo ci vogliono mezzi adeguati, specialmente fuori dalle strade battute; mi dicono peraltro che tali strade sono in rapido miglioramento e adeguamento, ma vo' mètte (come dicono nel Leghornstan) buttàssi nel pietroso nulla di quelle plaghe? Ad esempio con questa jeep UAZ (Ul'janovskij Avtomobil'skij Zavod) immortalata da qualche parte nel Kirghizistan, e con a bordo non si sa bene quale arnese (una cisterna d'acqua? un contenitore di latte? un tritacarne per caserme? una camera iperbarica artigianale? un lavakalashnikov? un ordigno destinato al dittatore di turno?). Nel Somethingstan, altro che SUV: lì il fuoristrada si fa sul serio. Ce la vorrei vedere proprio la mammina che porta il rampollo a scuola nel viale Michelangelo col Kia Sorento.


Il Somethingstan ha generalmente un clima assai severo. Lontano com'è dal mare, in inverno ci fa un freddo da pelare, peraltro ampiamente controbilanciato dal caldo liquefacente che ci fa d'estate. Bisogna, in entrambi i casi, arrangiarsi con quel che c'è. Certo che noi viviamo comodi: arie condizionate, frigoriferi Kelvinator...nel Kirghizistan, invece, hanno inventato questa cosa che vedete qua sopra. Il frigorifero a mulino, che rappresenta al tempo stesso una squisita treggia meccanica (o meccanotreggia) e un esempio mirabile di ingegnosità umana. Bastano una gora dove scorre dell'acqua, dei barattoli, dei pezzacci di ferro disposti a ruota e un contenitore che non è improbabile sia servito o possa servire da cassa da morto, e il gioco è fatto. Infili le bottigliette delle bibite nel frigotreggia, e passa la sete.


Un'altra componente fondamentale del Somethingstan è il cosiddetto Tagikistan. INSCO lo ha descritto come un paese la cui altitudine media corrisponde a quella della Majella, e dove il piatto nazionale è la povertà a fette condita con olio di miseria nera. Non essendoci mai stato, non saprei dire; però la foto che vedete ritrae una scenetta quotidiana nella storica cittadina di Pendjikent, l'antica capitale della Sogdiana. Qui siamo evidentemente non in un quartiere storico, ma in una di quelle meravigliose periferie ex-sovietiche, con ridenti casermoni, il monumento a Qualcuno e il boschetto dell'albero tipico di quelle parti (l'Atrophizatus Pulverulentus Moribundus). Nel traffico non propriamente congestionato, un aspirante suicida tenta inutilmente di farsi arrotare da un furgone di marca ignota, dopo che è andato a vuoto il tentativo con la Zhiguli (una Lada 2105, peraltro). Sarà mica il parente tagiko del famoso De' Suicidis del fumetto Alan Ford...?


Abbiamo già visto come bevono e si rinfrescano (ingegnosamente assai) nel Somethingstan, merita vedere anche come mangiano. Detto, fatto: il TB e INSCO sono lieti di presentarvi un'autentica treggia alimentare del Tagikistan, accompagnata da una bella birra Pulsar proveniente direttamente dal Frigorifero al Termine dell'Universo. Trattasi di una tipica specialità tagika, detta familiarmente Ovetto Molotov o Tourist Slaughter: un'appetitosa polpettona di qualcòside (ben cotta), un meraviglioso trito di anuri varij affogato nella panna acida, carrube del Pamir fritte, saporito cacio di yak veterocomunista e un ovone di pennabillo scocciato sopra. Un autentico scoop del TB: pare infatti che fotografare l'Ovetto Molotov sia severamente proibito per compresibili motivi di ordine pubblico. Insomma, come dire: un orrore paragonabile automobilisticamente alla Fiat Duna. Buon appetito!


Tornando alle tregge vere e proprie, ecco qui il solito furgoncino pansovietico impegnato in una sosta in uno dei punti più bassi del Tagikistan, a circa 4300 metri di altitudine. I due personaggi nella foto, ovviamente sul punto di asfissiare per la rarefazione dell'aria, ammirano il rigogliosissimo paesaggio consistente in circa 8000 specie di sassi (anche le robe verdi che si vedono nella foto, che potrebbero erroneamente essere prese per piante, sono in realtà rarissime pietre verdi del Somethingstan, durissime e ingannevoli). La località nella foto è celebre in tutta la zona per essere teatro, ogni domenica, di accesissime partite dello sport nazionale del posto: la cosiddetta sassaiuola elastica (nella lingua locale: pyetratenedent). Si gioca con squadre composte ognuna da 154 elementi, tutti rigorosamene gonfi di vodka, che si sfidano fin quando non rimane nessuno in piedi -tranne uno, ovviamente. Il premio è una strippata di Ovetto Molotov (vedi sopra), ma si vocifera che molti preferiscano essere abbattuti. Li capisco.


Per finire, un'immagine altamente emblematica, come si suol dire. Nel Somethingstan, la guerra è purtroppo di casa; e questa qui è una treggia che ispira reazioni contrastanti. Nella non confortevole posizione in cui si trova, non v'ha dubbio alcuno che questo carrarmato (oramai del tutto disarmato) non sia una treggia: vorrei vedere voi a buco ritto in un burrone (e da quelle parti mi sa che burroni, dirupi e orridi siano cose molto serie), tra gli immancabili sassi e un torrente impetuoso che viene giù dalle cime himalayane. E non si sa se gioire del fatto che un mezzo di morte se ne stia finalmente lì a farsi corrodere dal tempo (dubito fortemente che qualcuno se lo andrà a ripigliare), oppure trasalire pensando alle persone che vi si trovavano dentro. Strana terra, il Somethingstan. Strana e lontana; e lontana stia. Ci abbiamo fatto un bel giro in questo post, vero?