mercoledì 25 agosto 2010

Geo & Geo: La leggenda della Volga



La scorribanda di I.N.S.C.O. nella Trancaucasia ci porta stavolta in Georgia, e più particolarmente nella sua capitale, Tbilisi. I nomi non ingannino troppo: Georgia è il nome che diamo noi a quel paese, derivato con tutta probabilità dal persiano Gurji con influenze greche; i georgiani, invece, chiamano se stessi in tutt'altro modo, ovvero Kartvelebi, e il loro paese Sakartvelo. La loro lingua non somiglia a nessun'altra al mondo, e per sottolineare il fatto i georgiani scrivono da 1500 anni e passa con un'alfabeto proprio: ad esempio, la vera grafia di Kartvelebi e Sakartvelo è, rispettivamente, ქართველები e საქართველო. Dalle nostre parti si sa che parecchi georgiani hanno cognomi che finiscono in -vili ("figlio") e -adze (che non so che voglia dire esattamente); due georgiani piuttosto famosi si chiamavano infatti Josip Vissarionovich Dzhugašvili (più noto come Giuseppe Stalin) e Edvard Shevardnadze.

Piaciuta l'introduzione storico-linguistica? Beh, anche se non vi fosse piaciuta, dal punto di vista squisitamente treggistico la cosa non ha grande rilevanza, dato che sulle targhe delle auto georgiane non v'è traccia alcuna né della denominazione autoctona del paese, né dell'alfabeto locale. Immaginatevi voi, ad esempio, un carabiniere di Molfetta che dovesse leggere urgentemente una targa tipo თვე 137 ლო. Sulle targhe, quindi, lettere latine e l'abbreviazione "GEO" del toponimo internazionale. E qui abbiamo un bel fronte-retro, un "Geo & Geo" di squisita fattura attaccato ad una vera e propria leggenda automobilistica.

Nella nostra supponenza, le auto di fabbricazione sovietica sono generalmente liquidate come carcassoni o roba del genere. Un'accidente. La GAZ-21 Volga era invece un'autovettura di tutto rispetto. La sua produzione durò dal 1956 al 1970. Era stata progettata stilisticamente alla pari con le migliori auto americane dell'epoca (dalle quali, superate le solite distorsioni "ideologiche", differisce assai poco), e tecnicamente era un prodigio. Doveva circolare in condizioni climatiche difficili e su strade spesso disastrate, e lo faceva in modo assolutamente impeccabile (aveva, ad esempio, un grado di resistenza alla ruggine da record per l'epoca); montava sedili reclinabili ed accessori tipo l'accendisigari elettrico, lo spruzza-acqua per i tergicristalli e l'autoradio a tre onde.


L'interno di una GAZ-21 Volga con l'accendisigaro e l'autoradio.

Nel 1959 divenne l'automobile più grossa e lussuosa che un cittadino dell'ex URSS poteva acquistare liberamente (restavano ovviamente escluse le enormi limousines riservate alla nomenklatura): possibilità, va detto, del tutto teorica per la maggior parte della popolazione, dato che aveva un prezzo corrispondente più o meno a 12 anni di salario medio di un operaio. Fu così che la Volga Dvadcat' Odin (il suo nome originale in russo) divenne il mito del russo medio, e un mito inarrivabile. Nulla di strano: negli stessi anni anche una Fiat 1800 o un'Alfa Romeo erano miti ugualmente inarrivabili per l'italiano medio. Una caratteristica saliente dalla GAZ-21 Volga era la sua altezza sulle ruote: questo dipendeva ovviamente dalle condizioni spesso "da fuoristrada" in cui si trovava a circolare, e ce la fa apparire sicuramente "diversa" da auto consimilari prodotte altrove nello stesso periodo.


Foto in cui si apprezza meglio l'altezza sulle ruote di una GAZ-21 Volga.

Chissà quindi quale posizione, economica e/o sociale, occupava in Georgia il proprietario di questa Volga: possederne una, nonostante la "libera vendita", non era da tutti. Era anche un bestione con un motore da 2500 cc, e per farlo andare ci voleva la benzina come da ogni altra parte del mondo...