venerdì 30 ottobre 2009

La macchina de' Gang (e l'inno del Treggia's Blog)





Metti una sera piovigginosa, uggiosa, noiosa d'ottobre; un classico dei classici che in questo ottobre fiorentino, fatto perlopiù di giornate assolutamente splendide e assolate non ha avuto -fortunatamente- molta cittadinanza. Un TT notturno nelle vicinanze per scoprire, nel recondito parcheggio d'una via dedicata a una madonna (no, sia chiaro, non è Via della Madonna a i' Buio, come mi sta suggerendo uno dei miei simpatici dèmoni custodi) questa macchina che, stante la primordiale targa marchigiana e certe associazioni di idee che non sto a spiegarvi tanto sono complicate, ho subito chiamato la macchina de' Gang. Non c'è cristo che tenga, come con i famosi chiodi Marelli: è lei e basta. Ora, però, per le gentili lettrici e lettori del TB, ci sarà da spiegare chi sono, questi Gang la cui macchina verde ho deciso motu proprio che fosse parcheggiata in una via della madonna.


Presto detto. I Gang sono una band musicale, forse la migliore rock band militante italiana. È formata da due fratelli, Sandro e Marino Severini, entrambi per l'appunto nativi di Filottrano, in provincia di Ancona. Gente che suona assieme da quando avevano tredici o quattordici anni, e che hanno prodotto (integrandosi con tutta la scena combat italiana e internazionale, Clash compresi) dei capolavori come Le radici e le ali, Storie d'Italia e Fuori dal Controllo (piccole notazioni che mi permetto di dedicare anche all'amico Harmonica, che linka il TB sul suo Call of the West). E poiché ho la fortuna di averli conosciuti personalmente entrambi, i fratelli Severini da Filottrano, e di averli sentiti suonare e cantare una barcata di volte, ci scappa anche un saluto se per un remotissimo caso leggessero questo blog dove ho loro attribuito un Maggiolino verde trovato all'Isolotto.

Non sarebbe completo, questo post treggio-musicale, se non vi facessi ascoltare almeno il loro capolavoro, la più bella canzone militante in lingua italiana. Si chiama Sesto San Giovanni. Ascoltatela e basta. Non vi dico altro. Una canzone di lavoro, di classe, di dure periferie, di lotta, di speranza. Non posso fare a meno di ascoltarla, ogni volta, con dei brividi. Sempre per certe complicate associazioni d'idee, mi verrebbe da farne l'inno del Treggia's Blog; ma forse, ripensandoci, non è così complicato capire perché.