lunedì 14 settembre 2009

Une tache rouge




Ancora durante il turno notturno di ambulanza, sullo stesso piazzale, a notte fonda, e nella sua parte più buia. Une tache rouge, una macchia rossa che "buca" le tenebre, ed anche il solito e cupo SUV che le sta accanto. Sono proprio questi contrasti, generati dalla casualità dei parcheggi, che fanno risaltare ancora di più l'ironica bellezza, a base di sberleffi, di una 2CV e di qualsiasi altra treggia.

Appartenente all'ultimissima mandata della Dedeuche, quando pure lei non era scampata alla specialite imperante in quegli anni e nei precedenti. La specialite (francese spécialite, inglese specialitis, tedesco Spezialitis -ma alcuni puristi proposero il termine autoctono Besonderheitskrankheit) è una particolare malattia che colpì molti modelli di automobili tra il 1965 e il 1980, particolarmente quelli concepiti come assai spartani (come ad esempio la 2CV in questione, la Fiat 850 e in seguito la 127 e la 128...). La malattia si manifestava con vari sintomi, tipo calandre modificate in modo agghiacciante, aggiunta di fanalini per la retromarcia, gàggezz interni (come, tipicamente, l'aggiunta di un inutile contagiri), cerchioni in una non meglio precisata "lega" eccetera; seguiva poi una campagna pubblicitaria caratterizzata dallo spreco degli aggettivi esclusivo e personalizzato, un ritocco del prezzo verso l'alto e, in ultimo, la conclamazione della malattia: la targhetta con la dicitura "Special". Per fortuna che la malattia non riusciva quasi mai a erodere il carattere originario!

Sul quale carattere originario della Dedeuche sarà bene spendere due parole, per capire appieno di che cosa si trattasse. Lanciata nel 1939 come "TPV 2CV" (ove "TPV" stava per Toute Petite Voiture, ovvero "Automobile Piccolissima"), era stata progettata come "risposta francese" alla Topolino, vale a dire come primo tentativo di motorizzazione di massa. L'ingegnere capo della Michelin (che aveva acquisito da poco la Citroën), Jean Pierre Boulanger -e può esistere cognome più francese?-, basandosi su degli studi di forma dell'italiano Flaminio Bertoni, costruì la voiture su misura per la Francia rurale e profonda dell'epoca: spartana oltre ogni dire, con un solo faro anteriore montato a sinistra, in lamierone stile portaccia di magazzino, e con sedili rigorosamente in legno. La strumentazione si limitava a un rudimentale indicatore di velocità e all'ago della benzina; per l'olio e per l'acqua del radiatore ci si doveva arrangiare. Autentica poesia automobilistica sono le disposizioni di Boulanger per la progettazione; poesia e, al tempo stesso, rivoluzione nella Francia del Front Popu e delle prime ferie pagate:

"La nuova vettura, di concezione particolarmente economica, dovrà essere in grado di trasportare quattro passeggeri ed un sacco di patate a 60 chilometri all'ora con un consumo di tre litri per cento chilometri. Le sospensioni dovranno permettere l’attraversamento di un campo arato con un paniere di uova senza romperle e la vettura deve essere concepita in modo semplice per permettere ai contadini di utilizzarla. Dovrà essere possibile entrare a bordo con il cappello in testa."



Così nasce un mito.