sabato 1 agosto 2009

L'Appia bianca del Destino






A volte il destino manda dei segnali.

In questi ultimi giorni il Treggia's Blog non sarebbe potuto andare avanti per una curiosissima causa di forza maggiore: mi ero dimenticato di pagare un paio di bollette al sig. Fastweb e costui, leggermente contrariato, mi ha sospeso il servizio. Indi per cui, ritrovandomi privo di Internet, mi son dovuto all'improvviso alleggerire di qualche centinaio di euri per saldare le fatture arretrate; ed il servizio mi è stato prontamente ripristinato.

Nel frattempo, che fare? Arrangiarsi, ovviamente. Dovevo consegnare dei lavori urgenti e, per eseguirli, mi è necessario stare praticamente fisso su un sito, tale IATE, che se lo sai maneggiare ti dice, ad esempio, come si traduce bascula del pignone scorrevole in svedese (tirettfjäder, per la cronaca). In attesa dei comodi del sig. Fastweb, mi sono quindi dovuto trasferire armi e bagagli a casa di mia madre e ricorrere al caro, vecchio e micidiale collegamento a 56k, quello che fra una pagina e l'altra puoi farti tranquillamente un caffeino o darti una spuntatina alle unghie de' piedi. Vabbè. Mea culpa. Dovevo stare attento alle bollette, e mal me n'è incolto.

Ma si sa che i dèmoni sono i dèmoni: pur nella complicazione del frangente, recandomi da mia madre (che abita dall'altra parte della città) m'ero portato dietro la Kodak. E ripensavo ad una vecchia macchina che, fin da ragazzino, avevo sempre visto girare per il quartiere dove sono nato, oppure parcheggiata: una Lancia Appia di II Serie di cui persino mi ricordavo le prime cifre della targa, da quante volte l'avevo vista: FI 17...

Le davo la caccia praticamente da quando ho aperto il blog (che proprio oggi compie 2 mesi): ma si sa bene come vanno sempre le cose. Quando non ci pensi, una data cosa (ad esempio l'Appia in questione) ti capita sotto gli occhi in ogni momento; quando invece la cerchi, puff, scompare. Mai più vista nella traversa dove una volta la vedevo parcheggiata più o meno fissa. Svanita dalla circolazione. Pazienza. Son vecchie automobili che, poverette, ad un certo punto possono anche decidere d'andare a babboriveggi; oppure che il proprietario segrega in un garage per proteggerle dalle intemperie. Insomma, nulla da fare. Mi sono seppellito in casa di mia madre con le mie bascule dal pignone scorrevole e non ci ho pensato più.

Ci ho fatto le 3 di notte, per un lavoro che con un collegamento da cristiani non mi avrebbe richiesto più di due o tre ore. A quell'ora silente ho mandato l'agognata mail al datore di lavoro (appena in tempo utile prima che mi sguinzagliasse dietro il SETR -Servizio Eliminazione Traduttori Ritardatari), ho chiuso le 127 serrature della porta di mia madre e, nel buio profondo, mi sono riavviato verso casa canticchiando una delle mie canzoni che non saranno mai gli ultimi successi.

All'improvviso, il flash. La famosa coda dell'occhio. Proprio nella sua traversa. Lei. Un'inchiodata nella notte, e una conversione a U che ad ore normali mi sarebbe costata 10 punti della patente e forse anche qualche punto di sutura. Al termine di quella difficile giornata, il destino mi aveva voluto premiare, rimettendomi davanti l'Appia bianca.

Se un ignaro viandante (ignaro come quello delle poesie di Bondi rivisitate da ElleKappa) fosse passato in quel momento, avrebbe visto una bizzarra scena: una macchina ferma per strada con una portiera aperta, e un tizio sciamannato in pantaloncini e con una mirabile fascia fucsia a reggergli i capelli che fotografava una vecchia macchina saltellando nelle tenebre.